MALAN - Al Ministro dell'economia e delle finanze
Premesso che:
nella totale mancanza di informazione al Parlamento, nonostante le numerose interrogazioni in proposito, rimaste senza risposta, risulta sia in avanzata preparazione l'operazione di cessione delle quote possedute da Atlantia S.p.A. in Autostrade per l'Italia S.p.A. (ASPI) a una cordata di investitori guidata da Cassa depositi e prestiti;
fondamentale per tale operazione è l'accordo stipulato in data 14 ottobre 2021 con ASPI, in cui il Ministero delle infrastrutture rinuncia alla risoluzione della convenzione con ASPI per inadempimento, nonostante l'Avvocatura Generale dello Stato, con parere del 19 ottobre 2020 avesse confermato la sussistenza di "profili di grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia" a carico del concessionario e la magistratura abbia chiesto il rinvio a giudizio di numerose persone fisiche, nonché di ASPI, per il crollo del Ponte "Morandi";
tale soluzione sarebbe stata estremamente meno onerosa per lo Stato ovvero per il futuro utente autostradale, comportando il solo obbligo da parte dello Stato di corrispondere al concessionario il valore delle opere realizzate al netto degli ammortamenti, in virtù dell'art. 35 del decreto-legge n. 162 del 2019;
si sarebbe trattato di 13,8 miliardi, con i quali però ASPI avrebbe dovuto farsi carico dei propri 8,8 miliardi di debiti e dei 3,4 miliardi di danni del Ponte Morandi; peraltro, la stessa convenzione del 2007 stabiliva che quanto dovuto al concessionario dichiarato decaduto per grave inadempienza dovesse essere decurtato, a titolo di penale, di una somma pari al 10 per cento dello stesso, facendo poi salvo il maggior danno subito dal concedente per la parte eventualmente eccedente la predetta penale forfettaria;
il danno per l'Italia, anche in termini di immagine, è facilmente valutabile come ben superiore ai 3,4 miliardi; difficilmente, dunque, l'esborso totale poteva superare i 12 miliardi;
rinunciato alla risoluzione per inadempienza, si è del tutto ignorata la possibilità di recesso prevista dall'articolo 9-bis della convenzione unica del 2007, che avrebbe consentito allo Stato, con un esborso di 13,8 miliardi di euro, di tornare in pieno possesso dell'attuale rete ASPI, con la possibilità di mettere a gara la concessione, eventualmente spacchettata in tre al fine di una maggiore concorrenza, per la ordinaria durata di 30 anni e ottenere decine di miliardi da investire in nuove infrastrutture, oppure abbattere drasticamente i pedaggi, con beneficio per la competitività del sistema Italia e per gli utenti;
infatti, l'offerta presentata da CDP valuta che nel solo residuo periodo della concessione, fino al 2038 i flussi di cassa siano in grado di ammortizzare e remunerare un prezzo di acquisto di 9 miliardi di euro, il rientro da un debito pregresso di 10 miliardi, erogare il risarcimento di 3,4 miliardi per il Ponte Morandi ed effettuare investimenti per 13,5 miliardi in nuove opere, oltre a coprire il rischio di causa per contenziosi in essere, per un totale di 35,9 miliardi di euro;
si è passati invece a ciò che nei viene definita operazione di riassetto societario del concessionario ad esito delle autonome negoziazioni tra il concessionario, Atlantia S.p.A. e Cassa depositi e prestiti S.p.A. e gli investitori dalla stessa graditi;
tale riassetto, in uno Stato dove la concorrenza è riconosciuta principio fondante, così come nell'Unione europea, avrebbe dovuto essere trasparente e aperto; a tal fine, da notizie di stampa risulta che ASPI aveva messo a disposizione dei possibili acquirenti una "data room", in seguito chiusa, nella quale mancava però gran parte delle informazioni richieste dalle controparti e impedendo una valutazione;
ma tra i documenti vi era l'atto di transazione del 14 ottobre 2021, nel quale era precisato che il l'accordo avrebbe potuto concludersi unicamente a condizione che ASPI subisse un riassetto societario che consentisse a Cassa depositi e prestiti il controllo azionario; in pratica, in vari modi, si è allontanata la maggior parte dei possibili investitori;
le condizioni previste da tale riassetto emergono così quali incredibilmente favorevoli ad Atlantia, a spese dei futuri utenti delle autostrade di ASPI destinati a ripagare con pedaggi molto più alti di quanto sarebbe possibile l'esborso a carico della cordata CDP così articolato: acquisto del pacchetto di Atlantia in ASPI, l'88,06 per cento delle azioni, al prezzo di 9,1 miliardi, accollo degli 8,8 miliardi di debiti di ASPI (contratti principalmente per le avvenute distribuzioni dei dividendi agli azionisti);
accollo dei 3,4 miliardi di indennizzi per i danneggiati dal crollo del Ponte Morandi, con un esborso totale a favore di Atlantia di 21,3 miliardi; si è così aggirato, a danno dell'interesse pubblico, l'articolo 35 del decreto-legge n. 162 del 2019;
tutta questa costosissima operazione, lungi dal riportare sotto il controllo dello Stato i quasi tremila chilometri di autostrade della rete ASPI, di proprietà dello Stato e ampiamente pagati dagli utenti, come sarebbe avvenuto con la risoluzione per inadempienza o con il recesso, avrebbe il solo risultato di passare da una proprietà privata, Atlantia, a una proprietà a maggioranza privata, poiché CDP avrebbe solo il 51 per cento di quell'88,06 per cento delle azioni di ASPI oggi in mano ad Atlantia, cioè il 44,91 per cento dell'intera società, mentre il 55,09 per cento sarebbe nelle mani dei due investitori scelti con criterio ignoto dalla stessa CDP e degli altri privati, che già oggi possiedono l'11,94 per cento che non è di Atlantia;
altro aspetto paradossale è che con il citato "riassetto societario" si accollerebbero al sistema Italia 21,3 miliardi per una parte, sia pure importante, dei beni di Atlantia, che tutta intera oggi capitalizza meno di 14 miliardi,
si chiede di sapere:
quale sia la valutazione del Ministro in indirizzo, per i profili di finanza pubblica, sulla rinuncia sia alla strada della risoluzione per inadempienza, sia a quella del recesso;
se ritenga sia opportuno caricare sugli utenti di gran parte della rete autostradale 7,5 miliardi più di quanto sarebbe possibile, con conseguente perdita di competitività dell'intero sistema-Paese, al fine di dare la maggioranza dell'azionariato di una delle infrastrutture strategiche della nazione a investitori privati in gran parte stranieri;
quali ritenga possano essere i riflessi di carattere finanziario degli aumenti dei pedaggi proposti da ASPI fino al 2038 dopo che già negli scorsi 14 anni su quella rete sono stati oltre il doppio dell'inflazione, con particolare riguardo al drenaggio di grandi somme di denaro dal "sistema Italia";
perché siano stati favoriti alcuni investitori rispetto ad altri, a scapito della trasparenza, della concorrenza e dunque dell'interesse pubblico.